Nuove
conoscenze nella valutazione del test omocisteina
Omocisteina e metionina.
L’omocisteina
è un prodotto intermedio della via metabolica della metionina.
Questo aminoacido essenziale che, una volta attivato ad S-adenosil-metiona,
funge da donatore di gruppi metili ad una serie di accettori - tra cui
la creatina, gli ormoni steroidei, le basi puriniche di DNA ed RNA -
viene trasformato in omocisteina. A sua volta, l’omocisteina può
essere trans-sulfurata irreversibilmente a cisationia e quindi a cisteina,
oppure, in carenza di metionina assunta con la dieta, rimetilata a metionina
(Figura 1). Una serie di enzimi e di cofattori governano queste vie
metaboliche; per la trans-sulfurazione, l’enzima fondamentale
è la cistationina ß-sintetasi (CBS), che necessita
del cofattore piridossal-fosfato (PLP) ovvero della vitamina
B6, mentre un numero maggiore di enzimi - e di cofattori - gioca un
ruolo fondamentale nella rimetilazione della omocisteina. Il donatore
di metile è in questo caso il 5-metiltetraidrofolato
(MTHF), a sua volta rigenerato dalla metilene tetraidrofolato reduttasi
(MTHFR), e la reazione è catalizzata dalla metionina sintetasi
(MS) che necessita a sua volta della transcobalamina (vitamina
B12 metilata) come cofattore. Poiché la MS viene inattivata durante
la reazione, è necessario l’intervento della metionina
sintetasi reduttasi (MSR), riboflavinadipendente, per
rigenerare MS attiva. Una via alternativa di rimetilazione coinvolge
la betaina come donatore di metili e l’enzima betaina-omocisteina
metiltransferasi (BOM). Dai recenti fanno ritenere che la transsulfurazione
della omocisteina e la sua rimetilazione betaina-dipendente avvengano
esclusivamente nel fegato, e che la via della rimetilazione folato e
vitamina B12 dipendente sia l’unica trasformazione metabolica
della omocisteina operante nei distretti cellulari periferici. Allorché
si abbia saturazione delle vie metaboliche, l’omocisteina intracellulare
in eccesso viene esportata nella circolazione, dove si lega alle proteine
plasmatiche o viene eliminata, principalmente dal rene.
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Fig. 1
Ciclo metabolico dell'omocisteina |
Dosaggio della
omocisteina e definizione dei valori di anormalità.
Poiché solo una minima percentuale della omocisteina totale circolante
è presente in forma libera, il dosaggio deve essere sensibile
alla omocisteina totale (tHcy). La metodica HPLC, con l’utilizzo
di vari agenti derivatizzanti e con rilevazione elettrochimica od in
fluorescenza, è attualmente il metodo di dosaggio più
diffuso, ma recentemente sono stati introdotti sul mercato kit commerciali
in ELISA che presentano ottime caratteristiche di sensibilità,
precisione ed accuratezza. E’ peraltro sempre importante l’uso
di accorgimenti nel prelievo e nel trattamento del campione per evitare
errori preanalitici che possono inficiare la validità del dato
analitico.
La definizione dei limiti di normalità della tHcy plasmatica
o serica a digiuno presenta aspetti tuttora irrisolti per via
delle innumeri variabili coinvolte. In primo luogo va considerato l’aspetto
alimentare. E’ ovvio attendersi che tanto maggiore l’introduzione
di metionina - e quindi di carne - con la dieta, tanto più alti
saranno i livelli di tHcy. Peraltro, soggetti a stretta dieta vegetariana,
e quindi con livelli normali od aumentati di folato, possono presentare
iperomocisteinemia per carenza di vitamina B12 (anch’essa introdotta
con la carne). Risulta quindi problematico se i limiti di normalità
debbano essere rappresentativi della popolazione generale o del sottogruppo
con livelli rigorosamente normali di metionina e dei cofattori vitaminici
coinvolti nel metabolismo della omocisteina. La situazione è
ulteriormente complicata dalla presenza di una mutazione assai frequente
della MTHFR che ne determina termolabilità e che è estremamente
sensibile a livelli borderline di folato plasmatico. E’ molto
probabile che altre mutazioni frequenti a carico di CBS, MS e MSR possano
egualmente risentire, con diversi effetti, della presenza di livelli
vitaminici ai limiti inferiori della norma. Inoltre, come atteso sulla
base della diversa massa muscolare, i maschi hanno livelli di tHcy più
alti delle femmine, per le quali giocano un ruolo anche i livelli ormonali
di estrogeni e progestinici. Forti fumatori e bevitori di caffè
hanno livelli aumentati di tHcy. L’ipotiroidismo, ma anche l’ipertensione
essenziale, si associano ad iperomocisteinemia. Alcuni farmaci, principalmente
antiepilettici e diuretici, causano innalzamento dei valori di tHcy.
La funzionalità renale è particolarmente critica nel determinare
i livelli circolanti di tHcy: una riduzione del filtrato glomerulare
- anche se non associata a livelli patologici di creatininemia - è
causa di iperomocisteinemia. Non è infine sorprendente che i
livelli di tHcy aumentino con l’età.
Risulta pertanto necessario, prima di diagnosticare
lo stato di iperomocisteinemia moderata, raccogliere una accurata anamnesi
del paziente, escludere l’assunzione di farmaci potenzialmente
interferenti, e basarsi su intervalli di normalità specifici
per sesso ed età. La dipendenza dal sesso è assai meno
importante per la definizione dei valori di normalità dei livelli
di tHcy dopo carico orale di metionina, peraltro non del tutto
indipendenti dai livelli osservati a digiuno, specialmente se il prelievo
viene eseguito a distanza di 4 o più ore dall’assunzione
di metionina.
L’indicazione alla misura dei livelli circolanti di tHcy proviene
dalle numerose patologie nella cui eziopatogenesi è stata coivolta
l’omocisteina. Queste includono patologie della riproduzione,
malattie cardiovascolari e tromboemboliche venose, demenze senili e
disturbi del comportamento. Non si può escludere che un medesimo
livello di iperomocisteinemia sia associato con rischi diversi a seconda
della patologia in esame. Nell’ottica della definizione del rischio
trombotico della iperomocisteinemia, un atteggiamento pratico, per quanto
arbitrario, può essere quello di considerare iperomocisteinemici
moderati maschi e femmine con tHcy a digiuno maggiore di 20 e 15 µmol/L
rispettivamente, ed intolleranti alla metionina maschi e femmine con
deltatHcy (tHcy a 6 ore dal carico orale di metionina - tHcy a digiuno)
maggiore di 30 e 25 µmol/L.
L’iperomocisteinemia
moderata come fattore di rischio atero-trombotico.
La più convincente dimostrazione della relazione causale tra
iperomocisteinemia e patologia trombotica origina dalla storia naturale
della omocistinuria, una malattia congenita caratterizzata dalla presenza
di malformazioni (dislocazione del cristallino), ritardo mentale ed
insorgenza precoce di manifestazioni trombotiche arteriose o venose,
con caratteristiche istopatologiche di danno endoteliale, proliferazione
delle cellule muscolari lisce, progressiva stenosi arteriosa ed alterazioni
emostatiche suggestive di uno stato protrombotico. Una notevole percentuale
di soggetti omocistinurici per anomalie enzimatiche della CBS è
responsiva al trattamento con vitamina B6, passando da una condizione
di iperomocisteinemia severa (tHcy > 200 µmol/L) ad una condizione
di iperomocisteinemia moderata (tHcy < 50 µmol/L).
In tali soggetti il rischio di eventi trombotici è drasticamente
ridotto, ma non del tutto annullato dal trattamento con vitamina B6.
Queste osservazioni hanno portato fin dagli anni 70 alla formulazione
di una teoria patogenetica della aterosclerosi basata sul ruolo della
iperomocisteinemia, ma solo più recentemente si è osservato
un proliferare di studi circa il rischio protrombotico conferito dalla
iperomocisteinemia moderata, in coincidenza con l’osservazione
di una forte associazione tra iperomocisteinemia moderata e patologia
tromboembolica venosa oltre che arteriosa (Figura 2).
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Fig. 2
Pubblicazioni relative ai termini omocisteina, resistenza alla proteina
C attivata/fattore v leiden e mutazione della protrombina negli
anni 1990-2001.
I numeri fra parentesi si riferiscono al totale delle pubblicazioni
relative agli argomenti suddetti citate in Index Medicus |
Questa osservazione
ha spinto alla ricerca di
potenziali meccanismi protrombotici, inerenti più strettamente
la coagulazione, oltre che aterogenici.
Attualmente è plausibile ritenere che lo stato iperomocisteinemico
crei un microambiente favorente l’insorgenza di trombosi caratterizzato
da un’alterata reattività endoteliale agli stimoli vasomotori,
da un aumentata espressione di fattore tissutale da parte dei monociti,
da una ridotta sensibilità del fattore Va alla proteolisi da
parte della proteina C attivata, e da una aumentata formazione di trombina
in circolo.
Il rischio atero-trombotico associato alla iperomocisteinemia moderata
è stato ormai valutato in centinaia di studi trasversali, caso-controllo
e prospettici. La stragrande maggioranza degli studi trasversali e caso-controllo
assegna un signficato chiaro, ed indipendente da altri fattori di rischio,
all’associazione tra iperomocisteinemia moderata e rischio trombotico,
arterioso e/o venoso, con OR comprese tra 1.5 e 6.0, e con una gradazione
del rischio in funzione dei livelli di tHcy osservati.
L’associazione è più debole nel caso degli studi
prospettici. Gli studi che hanno arruolato pazienti con malattia aterosclerotica
documentata o con un primo evento tromboembolico venoso confermano sostanzialmente
il significato prognostico negativo della iperomocisteinemia moderata
in termini di nuovi eventi. Al contrario, solo una parte - sebbene sostanziosa
- degli studi condotti su soggetti sani al momento dell’arruolamento
ha fornito dati positivi.
Ciò potrebbe indicare un più forte peso dell’iperomocisteinemia
qualora le condizioni di partenza siano più compromesse. In alternativa,
l’iperomocisteinemia potrebbe essere un marcatore di rischio anziché
un fattore causale di progressione della malattia. A favore di quest’ultima
tesi è l’osservazione dell’associazione tra aumentati
livelli di tHcy e marcatori sensibili di uno stato infiammatorio, tratta
da studi condotti negli Stati Uniti ed in Scozia.
In contrasto peraltro con l’ipotesi di una secondarietà
dell’iperomocisteinemia alla presenza di una patologia atero-trombotica
subclinica è l’osservazione che l’iperomocisteinemia
moderata aumenta il rischio di eventi trombotici arteriosi e soprattutto
venosi in età giovanile, quando la prevalenza della aterosclerosi
nella popolazione è forzatamente assai modesta.
Inoltre, alcuni studi hanno dimostrato presenza di iperomocisteinemia
moderata nei figli di soggetti con iperomocisteinemia e malattia coronarica
documentata.
Iperomocisteinemia
moderata: trattare o non trattare?
Tanto l’iperomocisteinemia moderata a digiuno quanto l’intolleranza
alla metionina rispondono in misura eccellente alla somministrazione
di vitamine e la risposta è tanto maggiore quanto più
alto il livello basale di tHcy. Numerosi studi hanno valutato i dosaggi
più bassi in grado di normalizzare i livelli di tHcy, ma data
l’assenza di tossicità della somministrazione di folina
e vitamina B12, è assai probabile che una normalizzazione pressoché
completa possa ottenersi con la somministrazione orale di 5 mg/die di
folina ed una fiala alla settimana di vitamina B12.
Solo qualora non si ottenga l’effetto desiderato con tale schema
posologico, o quando si abbia ipovitaminosi B6,è necessaria l’aggiunta
di vitamina B6 a dosaggi non superiori ai 50 mg/die.
Se allo stato attuale delle nostre conoscenze è ragionevole che
tale trattamento sia attuato nei soggetti iperomocisteinemici con manifestazioni
trombotiche, va peraltro rilevato che non possediamo ancora dati convincenti
che la normalizzazione della omocisteinemia tramite la somministrazione
di vitamine riduca effettivamente l’insorgenza di nuovi episodi
atero-trombotici.
Almeno 12 studi multicentrici di intervento sono attualmente in corso
in vari paesi del mondo circa la prevenzione di nuovi episodi di ictus,
infarto miocardico, angina, arteriopatia occlusiva periferica e tromboembolismo
venoso in pazienti con e senza insufficienza renale.
Sebbene è molto probabile che questi studi non diano risposta
al quesito del legame causale tra iperomocisteinemia e rischio atero-trombotico,
potranno, nel caso il risultato sia positivo, comprovare l’efficacia
di una modalità di trattamento innocua e poco costosa per una
patologia estremamente diffusa nei paesi industrializzati.
Bibliografia:
- Eikelboom JW, Lonn E, Genest J, Hankey G, Yusuf
S. Homocyst(e)ine and cardiovascular disease: a critical review of
the epidemiologic evidence. Ann Intern Med 1999;131,363-75.
- D’Angelo A, Beltrametti C. Venous disease.
In “Homocysteine in Health and Disease” (R. Carmel and
D.W. Jacobsen eds), Volume II, Chapter VIII, Cambridge University
Press, New York, 2001.
Dr
A. D’Angelo
Servizio di Coagulazione
ed Unità di Ricerca Trombosi
IRCCS H. San Raffaele, Milano
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